Alopecia Areata

L’alopecia areata (AA) è stata una delle prime problematiche trattate nella mia esperienza di psicoterapeuta. Pur non rientrando nella categoria dei disturbi psichici (si manifesta infatti con la perdita di capelli e peli in tipiche chiazze) è una patologia determinata da diversi fattori e quelli psicologici sembrano essere importanti per la sua eziologia.

L’alopecia, femminile e maschile, si manifesta con una temporanea caduta dei capelli o con una perdita di capelli precoce e definitiva. Esistono vari tipi di alopecia a seconda delle cause che la producono o della forma in cui si manifesta.

L’AA appartiene alla categoria delle alopecie ad esordio acuto, recidivante e spesso a decorso imprevedibile, si manifesta con una repentina caduta dei capelli, o di altri peli del corpo, in tipiche chiazze glabre o aree, da cui il nome areata (Mastrodicasa, 2012; Chimenti S.) in cui si ha una alterazione del ciclo follicolare senza avere però una distruzione permanente del follicolo stesso (Tosti, 2013). L’evoluzione può essere diversa e va dalla completa regressione in un arco di tempo non definibile, alla ripresa della crescita di capelli o peli non pigmentati (leucotrichia), fino alla definitiva cronicizzazione.

Tuttavia l’eziopatogenesi incerta e la particolare, variegata e capricciosa manifestazione non permette una sua definitiva e certa definizione. Secondo una prospettiva medica più ortodossa – e forse più accreditata – l’AA viene definita come una “patologia immunologica poligenica multifattoriale ad andamento cronico recidivante” (Rossi, 2013) oppure come una “patologia autoimmune tessuto-specifica diretta contro il follicolo del capello con probabile associazione ad altre malattie autoimmuni” (Rizza, 2013), mentre, secondo una prospettiva psicosomatica, viene definita come una dermatosi psicosomatica propriamente detta, ad eziologia emozionale reattiva, a latenza prolungata rispetto a stressors con interazione dei sistemi neurovegetativo, neuroendocrino e immunitario (Hautmann).

Si ritiene che un fattore scatenante, ancora ignoto, sia in grado di innescare il processo autoimmune in un soggetto geneticamente predisposto, tuttavia sembra che nell’insorgenza dell’AA siano coinvolti diversi fattori interagenti: fattori genetici, immunologici, infettivi, vascolari, ormonali, alimentari e psicologici (Paradisi, 2014).

L’AA spesso ha un esordio acuto e reattivo in concomitanza o a latenza prolungata con l’esposizione ad importanti eventi stressanti (stress acuto, reazioni di allarme e traumi psicogeni prolungati) e questo fa presupporre che oltre alle componenti genetiche e autoimmuni anche fattori ambientali (non genetici) possano contribuire all’ insorgenza della malattia, a conferma quindi della multifattorialità nella causa dell’AA. (Vincenzi; Rossi, 2013; Baldaro B. et al., 1989). Questa prospettiva si sposa pienamente con la prospettiva immunopatologica alla luce dei numerosi dati clinici e sperimentali dell’ultimo decennio che hanno dimostrato l’influenza di eventi emozionali e stressanti sulle risposte del sistema immunitario.

Ad oggi le terapie mediche a disposizione sono diverse e tra le più utilizzate abbiamo l’uso di farmaci steroidi assunti per via sistemica, intralesionale o topica. Un’ulteriore via terapeutica passa per l’immunoterapia topica con SADBE (dibutilestere dell’acido squarico) e DFC (difenilciprone).

Anche l’Antralina (ditranolo) risulta essere un buon trattamento soprattutto per i soggetti in età pediatrica poiché risulta efficace e privo di effetti collaterali importanti (Tosti, 2013; Rossi, 2013). Diversi specialisti associano a queste terapie anche l’utilizzo di integratori alimentari.

Un percorso di psicoterapia può aiutare ad ottenere buoni risultati e a supportare emotivamente il paziente.

Erica e la sua alopecia

La mia prima paziente, affetta da alopecia areata, la chiamerò Erica.

Al suo arrivo mi ha colpito la sua magrezza non eccessiva tuttavia evidente, il suo collo lungo, sottile e teso. Mi ha incuriosito il suo modo di gesticolare fatto di movimenti molto veloci ed impulsivi, quasi a dipingere una modalità che nel linguaggio comune sarebbe definita isterica. Un’altra cosa che ha attirato la mia attenzione: la sua bocca sistematicamente serrata con le labbra che rientrano leggermente fra i denti. Erica parlava poco inizialmente ma dopo ripetuti inviti “tonici” a utilizzare in maniera appropriata lo spazio terapeutico la ragazza è diventata sempre più loquace e disposta al dialogo.

Erica riferiva spesso di percepire un’oppressione al torace e spesso un gonfiore intestinale, sia a causa di alcune intolleranze alimentari sia quando è più nervosa.

Il distretto corporeo colpito dall’alopecia areata sembra essere il capo ma, a ben vedere, questa patologia, può colpire i peli di tutto il corpo. Per questo, essendo i peli e i capelli appartenenti al tessuto epidermico si può affermare che l’organo colpito sia proprio la pelle. e cioè quell’organo che definisce i nostri confini.

Erica mi ha parlato subito delle difficili relazioni familiari, vissute come invasioni di confine e mi ha chiesto di aiutarla a difendersi da queste e ad imparare a gestire le sue reazioni.

Questa dimensione di confine da riconoscere e difendere mi ha sempre risuonato sul significato simbolico-metaforico del sintomo di Erica, poggiato sul fatto che fosse la pelle il tessuto colpito dalla patologia. Infatti la pelle ha a che fare appunto con il confine che definisce e a volte separa, che distingue tra dentro e fuori, tra  e Altro-da-Sé, che mostra ma anche cela, che si apre o si chiude attraverso la sua porosità o permeabilità, ma anche con la dimensione del contatto e dunque del sentire che passa attraverso di esso (Fantini, Gentile, 2000).

Tento di individuare e comprendere l’intelligenza del suo sintomo e per far ciò è necessario ipotizzare cosa possano rappresentare i capelli per Erica e ancora di più cosa possa rappresentare la loro perdita. Sembra quasi che i capelli per Erica rappresentino il vettore comunicativo privilegiato del suo ideale narcisistico, nella sua espressione o nel suo ritiro.

Appare evidente inoltre che Erica utilizzi i suoi capelli come modalità per essere vista. Li acconcia sempre in maniera particolare, in maniera da attirare l’attenzione e può presentarsi al mondo solo quando essi sono presenti.

Ipotizzo che la ragazza abbia ottenuto una ricrescita dei capelli, durante il percorso terapeutico, proprio per una sorta di restituzione affettiva realizzata nel setting, attraverso l’essere vista che sembra appunto il suo nutrimento, il suo latte. Erica gioca sui suoi capelli il fattore essere vista, il suo riconoscimento, la sua presentabilità, la sua possibilità espressiva, si potrebbe dire la sua identità.

Specularmente, la caduta dei capelli, che si manifesta in seguito a quelli che lei definisce capricci o richieste capricciose, esprime il suo non essere vista, il non essere riconosciuta, la richiesta insoddisfatta e dunque la distanza dalla sua identità e il ritiro centripeto della sua energia.

Per Erica il capriccio o la protesta, espressi attraverso la caduta dei capelli, stanno ad indicare una cattiva gestione ed espressione dell’aggressività che spesso si manifesta quando c’è una perdita dell’oggetto o quando c’è una richiesta orale che non viene soddisfatta; la riconquista dell’oggetto o la soddisfazione della richiesta vanno di pari passo con l’essere vista e la ricrescita dei capelli.

Rivediamo attentamente il processo: lei va in deprivazione, sviluppa rabbia e protesta, e poi si attiva qualcosa a livello corporeo, che le fa perdere i capelli. Ora non sappiamo se brucia i capelli per troppa energia che investe, oppure se questa energia si ritira, probabilmente a livello addominale, causando così una mancanza di flusso energetico ai capelli. Credo che la seconda ipotesi sia quella più plausibile, credo che “Erica vada via dall’identità, vada via dalla periferia corporea, fa un processo di ritiro di presenza rispetto alla relazione con il mondo e i suoi sintomi gastrointestinali che si presentano quando lei è nervosa confermano questa ipotesi di ritiro energetico nel livello addominale”. (Ferri, Supervisione 2014).

L’anamnesi remota in chiave analitica ci dà indizi probanti. Abbiamo una minaccia/allarme in fase intrauterina (anemia della madre durante la gestazione), con probabile risposta di attaccamento fobico e un rimbalzo in un verosimile tratto orale per eccesso (10 mesi di allattamento e biberon fino a sei anni), e infine, una probabile brusca interruzione di relazione con il I° campo quando la madre è di nuovo incinta, o con la morte del fratellino.

E si può allora affermare, quasi con certezza, che capricci, proteste e richieste, equivalenti di rabbia per abbandono e insoddisfazione, si verifichino proprio per queste ripetute e brusche cadute energetiche e relazionali.

Quindi Erica deve prima prendere energia e poi presentarsi al mondo e allora il progetto si sposterà sul tema della separazione e dell’aggressività.

Questi due temi sono profondamente collegati perché quando Erica potrà affrontare la separazione avrà anche la lucidità di guardare la coppia genitoriale e soprattutto la madre che sembra essere l’oggetto sul quale la ragazza non può esprimere, appunto, l’aggressività. Va sottolineato che l’AA si è presentata dopo il furioso litigio tra lei e la madre subito dopo il quale quest’ultima è stata malissimo causando, nella ragazza, una paura e un senso di colpa devastanti.

Come ci suggeriscono diversi studi, anche nel caso della mia paziente Erica sembra che questa patologia si leghi profondamente allo stato umorale della persona, anzi, tra i sostenitori di un’eziopatogenesi psicologica dell’AA questa umoralità oscillante, e spesso tendente alle depressione, risulta presente anche prima della manifestazione clinica della patologia e sembra comunque consolidarsi successivamente come effetto secondario. Questa tendenza depressiva si potrebbe far risalire, utilizzando il modello reichiano, alla manifestazione di un tratto orale disfunzionale che inoltre potrebbe spiegare la presenza, in Erica, di comportamenti tipici di chi presenta una fissazione in fase oro-labiale, che potremmo definire immaturi e tendenti alla dipendenza dall’Altro-da-Sé. Nel caso di Erica questa modalità caratteriale si evidenzia nel suo bisogno costante di soddisfazione delle sue richieste, soprattutto quella di essere vista e riconosciuta e quella di essere accontentata nelle sue richieste oggettuali, che poi non sono altro che sostitutive di richieste di tipo affettivo probabilmente disfunzionalmente soddisfatte soprattutto nella relazione con la madre.

Il secondo fattore a cui vorrei fare riferimento è invece quello riguardante i cosiddetti life-events traumatici. In particolare faccio riferimento al lutto del fratellino che ha avuto profonde implicazioni sia nel rapporto fra lei e la madre sia nel sistema famigliare, che ha sviluppato un’eccessiva e opprimente attenzione nei suoi confronti, inoltre si può ipotizzare che una certa aggressività inconscia di Erica, nei confronti del nuovo arrivato, si sia trasformata in un profondo ed inconcepibile senso di colpa primitivo quando egli è venuto a mancare.

Un fattore su cui vorrei porre l’attenzione è quello dell’espressione disfunzionale dell’aggressività. L’estrema visibilità di questa patologia, la preoccupazione che può dare ai familiari e soprattutto il senso d’impotenza derivato dalla sua imprevedibilità di manifestazione e dalla sua difficoltà terapeutica non potrebbero essere degli equivalenti aggressivi? E poi, la patologia autoimmune non è per definizione un atto aggressivo autorivolto che si esprime a livello organico e che deriva dalla non identificazione da parte del sistema immunitario delle componenti del proprio organismo (in questo caso il bulbo pilifero)?

Quest’ultima domanda, a mio avviso, apre le porte per la riflessione su un altro fattore importantissimo e cioè quello dell’identità che sembra essere profondamente compromessa nelle persone affette da AA.

Può la malattia autoimmune, intesa come malattia derivata dal non riconoscimento di se stessi, derivare proprio da un problema d’identità?

L’ultimo fattore su cui vorrei portare l’attenzione è quella della presenza, nei soggetti affetti da AA, di una scarsa capacità introspettiva che, a mio avviso, è fortemente collegata con il concetto di alessitimia.

Raramente Erica condivide nel setting temi che vanno a toccare lo spettro emotivo della sua vita, con difficoltà la sento associare alle numerose, e forse eccessive, lamentele il suo vissuto emotivo, che spesso si limita solo ad una espressione capricciosa e stizzita di una certa quota di rabbia e forse di senso di impotenzaQualche volta, e mai spontaneamente, mi dice di provare tristezza, dispiacere, ma raramente le ho visto assumere un’espressione facciale che potesse rappresentare una di queste emozioni, sembra che possa parlare di esse ma non contattarle e sentirle. Erica si lamentava, si sfogava, ma qualsiasi mio tentativo di farla avvicinare a sentire le proprie emozioni era totalmente vano. Per lei esisteva solo la rabbia. Ricordo come cercavo di inventarmi chissà quali giri di parole per spingerla a vedersi dentro, a incontrare il suo dispiacere, la sua vergogna, la sua tristezza, ma quello che ottenevo era solo il suo impassibile silenzio accompagnato dal suo sguardo fisso su di me e dalle sue labbra sottili e serrate.

I suoi racconti mi facevano pensare a come lei stessa sfruttasse in maniera manipolatoria il suo malessere e il suo sintomo. Il loro riscontro narcisistico secondario era evidente. Erica veniva sempre accontentata nelle sue richieste, anche quelle di una certa portata economica, e spesso, se questo non avveniva per vie funzionali, arrivava il suo sintomo con tutta la corte di successive attenzioni melodrammatiche dei famigliari e i loro tentativi di riparazione-soddisfazione attraverso doni di natura oggettuale.

Nel corso del rapporto terapeutico sembra che la ragazza stia iniziando ad afferrare, almeno cognitivamente, l’importanza dell’espressione di tutte le emozioni e soprattutto sembra avere la consapevolezza di avere una tendenza ad evitarle. Mi dice che si rende conto di evitare la tristezza perché l’abbatte e che la sua difficoltà ad esprimere le emozioni negative deriva dal timore che questo spinga gli altri ad intervenire senza però riconoscerla genuinamente nelle sue difficoltà.

Aggiunge inoltre, ormai cosciente della sua propensione alla protesta/capriccio, che sta cercando di gestire con accortezza questa sua modalità e che, invece di protestare di fronte ad una richiesta insoddisfatta sta trovando il coraggio e la forza di soddisfarla senza l’aiuto dell’altro. Insomma sembra che stia sperimentando una certa autonomia.

Un insight di Erica è quello riguardante la relazione che ha con i genitori e in particolare riguardo alla loro modalità di sostituire l’affettività e il calore umano con doni di natura oggettuale.

Infine, in maniera quasi inaspettata, parlando sul tema della sua identità, Erica mi comunica di aver compreso che la difficoltà a scoprire, conoscere e mostrare la sua vera identità derivi proprio da quel timore più volte denunciato di riscoprirsi simile al padre.

Questa sua affermazione mi ha colpito molto ed è per questo motivo che voglio concludere questa tesi con un’immagine che mi attraversa ora che la sento risuonare: siamo nel mio studio, Erica è seduta sulla sua sedia, io mi avvicino a lei spostandomi verso la sua destra, cerco di farle sentire il mio calore lasciandole il campo visivo aperto e la libertà di muoversi, e allora le sussurro che se vuole io l’accompagnerò volentieri in questo viaggio, forse spaventoso e tortuoso, alla scoperta di se stessa.

Bibliografia

  • Baldaro, B., Brocani, G., Bossi, G., Offidani, A.M., Novelli, N., Ferri, A.M., (1989), Incidenza di eventi stressanti nei sei mesi precedenti la comparsa di alopecia areata, Medicina Psicosomatica, 34(4), pp.271-275.
  • Chimenti S.: Alopecia Areata. articolo su www.anaa.it.
  • Fantini, M., Gentile, A. (2000), Come un guscio la pelle. L’ influenza psichica nelle malattie dermatologiche. Ananke
  • Hautmann, G., Alopecia Areata. Articolo su www.anaa.it.
  • Mastrodicasa, D. (2012), Alopecia Areata. Articolo su www.medmedicine.it.
  • aradisi, P. (2014), Elementi di Psicosomatica. Dai modelli interpretativi alla clinica. Un punto di vista post-reichiano. Alpes
  • Rizza, E. (2013), Intervista Adnkronoswww.adnkronos.it.
  • Rossi, A., Alopecia Areata: Associazioni Cliniche e Management del Paziente. A. N. A. A. (2003–2013) INCONTRO MEDICO-PAZIENTE ROMA Sabato27 APRILE 2013).
  • Tosti, A. (2013), Alopecia Areata. Articolo su www.antonellatosti.it
  • Vincenzi, C., Alopecia areata: update sulla ricerca e possibili terapie future, Articolo su www.anaa.it.

Articolo pubblicato su analisi-reichiana.it

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